La direttrice nord-sud di via Roma separa il borgo in due parti secondo l'urbanistica delle città nel IX secolo: la strada principale è detta "via major" o "platea" e su di essa si innestano a baionetta le stradine trasversali, in base alla disposizione delle porte d'accesso e all'andamento delle mura di difesa, che nel caso di Sant'Agata seguono l'andamento della roccia con una forma cosiddetta "a fuso".
La piazza Ludovico Viscardi è uno slargo di via Roma risultato dalla costruzione di alcune dimore patrizie appartenenti a famiglie qui immigrate e divenute proprietarie di beni fondiari acquisiti con l’esproprio dei fondi monastici avvenuto a partire dal XV secolo.
Al centro del largo sorge la chiesa di Sant’Angelo de-Munculanis, esemplare di basilica romanica in tufo che oggi appare alla vista in due strati di fabbrica sovrapposti, ben distinti nel restauro: il primo, di origine altomedievale, è coperto da quello settecentesco, parzialmente asportato.
Questo tipo di restauro si è reso necessario in quanto la chiesa, fino al 1979, è rimasta inglobata all'interno del “guscio” realizzato nel Settecento, di forma semplice e anonima, quasi a mascherarne le vere sembianze.
Grazie a un fortuito episodio, il priore della confraternita della Santissima Maria Addolorata che oggi gestisce l'edificio di culto, ha consentito alla Soprintendenza di Caserta di riportare alla luce 5 colonne a fusto liscio nascoste all'interno dei pilastri. Tali elementi, per la loro diversità di altezza, di proporzioni e di materiali sono senza dubbio di spoglio, cioè composti da parti già esistenti assemblate tra loro e provenienti da altri edifici antichi. Questa pratica costruttiva, diffusa nei luoghi in cui non esistevano maestranze di scalpellini sufficientemente competenti, fa ritenere che la chiesa sia stata oggetto di rifacimento nel XII secolo, periodo in cui anche la chiesa di San Menna fu ristrutturata con lo stesso metodo dal conte Roberto Drengot, ma in maniera molto piu' ricca, in quanto cappella palatina.
La pianta della chiesa è basilicale a tre navate senza abside, (forse eliminata nel momento delle modifiche), orientata da nord-sud; l'ingresso alla chiesa avviene da un portico a sud con arco di tufo leggermente ogivale sostenuto da due colonne di granito e capitelli con motivi geometrici a losanga. Questi ultimi sono attribuiti al periodo tardo longobardo.
Una caratteristica molto importante segnalata dal prof. Luigi Cielo è la sopraelevazione del pavimento che conferma il fenomeno tipico del tardo Impero per cui il calpestio delle nuove costruzioni andava a sovrapporsi agli antichi pavimenti di monumenti precedenti. In questo caso esistono alcuni resti di pavimento a mosaico bianco e nero che lasciano immaginare, secondo Cielo, una preesistenza romana al posto della chiesa.
Dalla navata centrale si accede alla cripta-sepoltura in cui si notano le nicchie a colatoio. Cio' conferma la fase di costruzione dell'edificio sacro in epoca tardo imperiale, durante la quale, seguendo i dettami bizantini, le chiese vennero erette all'interno delle mura delle città e non piu' nelle campagne circostanti e spesso ospitarono sepolture, essendo queste preferibili alle necropoli sui monti, meno protette.
L'interno della chiesa è impreziosito con materiale di spoglio di vario genere: tronchi di colonne, basi, capitelli d'età tardo imperiale ma anche materiale alto medievale (IX secolo). All’interno sono riaffiorate le monofore strombate nella parete muraria della navata centrale, occluse con la creazione della falsa volta a botte lunettata contenente la “Deposizione” dipinta a tempera da Angelo Mozzillo nel 1797.
In facciata il campanile è a due ordini, in asse con il portico d'ingresso; il primo ordine presenta aperture a monofora in conci di tufo giallo e grigio e il secondo un'apertura a bifora con colonnina e capitello a stampella. Qui sono stati inseriti nella muratura elementi di cornici romane in marmo di spoglio, al di sopra di capitelli-lesena in cotto in stile corinzio.
L'esistenza dell'edificio testimonia le epoche piu' importanti per il borgo di Sant'Agata : quella tardoimperiale bizantina (VI-VII secolo), quella longobarda altomedievale (IX-X secolo) e il periodo romanico dell'XI-XII secolo, oltre ai successivi rifacimenti del XVIII secolo.
Ma la stessa dedica all'Angelo lascia intuire un'origine addirittura pagana del culto, poi trasformato in devozione cristiana.
Nel periodo della conquista Sannita di Capua infatti, è possibile che qui sorgesse un tempio dedicato ad Ercole, protettore dei pastori dediti alla transumanza delle greggi in queste terre; dopo l'avvento della religione cristiana sotto Costantino, sebbene la Chiesa fosse diffidente verso la devozione per gli Angeli, anche a causa della mancanza di reliquie, indispensabili per fondare le chiese, si scelse comunque di trasformare il mito di Ercole in quello dell'Arcangelo Michele, giovane guerriero che uccide il demonio.[1] Ai miti pagani la nuova religione sostituì gradualmente Santi e martiri cristiani dove possibile, incentivando anche la trasformazione degli edifici esistenti, trasformazione che potrebbe essere avvenuta anche qui, contestualmente a una nuova dedica.
La chiesa di Sant'Angelo viene chiamata nei documenti diocesani[2] Sant'Angelo "de Munculanis" e varie sono le ipotesi su tale nome: alcuni ritengono sia il nome di una famiglia fondatrice o di una comunità, altri di un luogo urbano. Sulla scia di tali ipotesi il nome, poi volgarizzato, potrebbe derivare dal latino do-muncula sinonimo di "casula" (casetta, cellula minima) e di "tuguriolum" (capanna)[3]. Il suffisso -anus al termine della parola denoterebbe una forma di appartenenza (Sant'Angelo domunculanus/domunculanis = "ll Santo Angelo della gente nelle capanne", ossia dei pastori e dei viandanti).
Rosanna Biscardi
BIBLIOGRAFIA
S. M. Puglisi, La civiltà Appenninica. Origini delle comunità pastorali in Italia, 1959
L.R. Cielo, Decorazione a incavi geometrizzanti nell’area longobarda meridionale, NN, n.s., 17, 1978, pp. 174-186; Strutture altomedioevali nella chiesa di S. Angelo in Munculanis a S. Agata dei Goti, NN, n.s., 18, 1979, pp. 220-226;
L.R. Cielo, Monumenti romanici a S. Agata dei Goti. Il duomo e la chiesa di San Menna
(Collana di studi di storia dell’arte, 2),
P. Moreno, Lisippo l’arte e la fortuna, 1995
L. Vagnetti, Magna Grecia e mondo miceneo. Nuovi documenti, 1982
A. Mastrocinque, Ercole in occidente, 1993
L. Todisco Scultura antica e reimpiego in Italia Meridionale, 1994
A. La Regina, Istituzioni agrarie italiche, in Civiltà della transumanza. Storia, cultura e valorizzazione dei tratturi e del mondo pastorale in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e
Basilicata, 1999
L.R. Cielo - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999)
F. Iannotta (a cura di), Il reimpiego a Sant’Agata de’ Goti: San Menna, il Duomo e Sant’Angelo de Munculanis, in La chiesa di San Menna a Sant’Agata de’ Goti, Atti del convegno di studi 9 giugno 2010 , Salerno 2014, pp.193-228.
[1] Anna Pia Giansanti, 21.01.2012
[2] Acta Primae Visitationis Civitatis et Dioecesis habitae ab Ill.mo...Philippo Albino, Sant’ Agata dei Goti, Archivio Vescovile, Atti Sante Visite, XIV, cc. 7v-58v.
[3] Si vedano: Vocabolario degli Accademici della Crusca alla voce “Casa” e seguenti e Nuovo dizionario de' sinonimi della lingua italiana di Nicolò Tommaseo, 1838, voce “Casuccia” nota (6)
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